LA CORONA DELL'AVVENTO

 LA CORONA DELL’AVVENTO!

 


Le quattro candele rappresentano le quattro domeniche di Avvento. Ognuna di esse ha una denominazione ed un significato peculiari:

La prima candela è detta "del Profeta", poiché ricorda le profezie sulla venuta del Messia.

La seconda candela è detta "di Betlemme", per ricordare la città in cui è nato il Messia.

La terza candela è detta "dei pastori", i primi che videro ed adorarono il Messia. Poiché nella terza domenica d'Avvento la Liturgia permette al sacerdote di utilizzare i paramenti rosa al posto di quelli viola tale candela può avere un colore diverso dalle altre tre.

La quarta candela è detta "degli Angeli", i primi ad annunciare al mondo la nascita del Messia.

Secondo un'altra tradizione assai diffusa le quattro candele rappresentano la Speranza, la Pace, la Gioia e l'Amore. L'accensione di ciascuna candela indica la progressiva vittoria della Luce sulle tenebre dovuta alla sempre più prossima venuta del Messia. La forma circolare della Corona dell'Avvento è simbolo di unità e di eternità. I rami sempreverdi rappresentano la speranza.

Fonte: Wikipedia

 

 

I bambini sono un po’ più grandi e allora possiamo dare qualche informazione in più sull’Avvento.

È tradizione, in particolare nelle chiese protestanti, realizzare nelle chiese (ma anche nelle case) la corona dell’avvento. Ogni candela ha un significato.

Lo scopriamo, settimana dopo settimane, “accendendo” una candela e ascoltando una storia!

Le storie ci aiutano a riflettere su questo tempo di attesa e sul significato del Natale.

Ho pensato di realizzare una corona di pannolenci perché è originale, pratica e ….riciclabile!!

 

Di seguito vi propongo alcune storie, ma se ne trovano molte sul web, basta scegliere la più adatta ai vostri bambini e ai temi che volete trattare. Ai bambini piace farsi raccontare storie.

 

Buona lettura…

 

PRIMA SETTIMANA- CANDELA DEL PROFETA

Il profeta è colui che parla in nome di Dio.

 

C’era una volta un popolo chiamato popolo degli ebrei. Questo popolo viveva felice nella sua bellissima terra. La chiamavano terra dove scorre il latte e miele, perché per loro era una terra bellissima. L’avevano avuta in dono da Dio, che sempre li proteggeva e si prendeva cura di loro. Erano liberi di fare ciò che volevano fino a quando un altro popolo, il popolo dei romani, arrivò nella loro terra. I romani erano più forti e fecero schiavi tutti gli ebrei. Il popolo degli ebri era molto triste: “Dio ci ha abbandonato”, dicevano. “A Dio non importa niente di noi!”. Dio li guardava dall’alto ed era molto triste per loro. Allora ebbe un’idea. Scelse alcuni uomini che chiamò profeti. Questi profeti ebbero da Dio un compito: portare a tutto il popolo un messaggio da parte di Dio. Il messaggio diceva così: “Cari uomini, non temete, presto manderò a voi un Salvatore, che vi libererà da tutte le vostre paure e sarete di nuovo liberi!”

Fu così che il popolo ricominciò a sperare e iniziò ad attendere quell’uomo che li avrebbe finalmente salvati!

 

 

SECONDA SETTIMANA- CANDELA DI BETLEMME.

Betlemme è la città dove è nato Gesù. Betlemme in italiano si traduce con “Casa del pane”.

Ascoltiamo…

 

C'era una volta Dio... Dio abitava in una casa pavimentata di stelle e adornata di sole. Un giorno Dio pensò a una casa più bella. Che strana idea quella Dio! Come poteva trovare una casa più bella di quella?

Dio allora creò il mondo gli animali, gli alberi, i fiori, il mare, la luna, le stelle e infine….creò l’uomo!  E dentro l'uomo, nel suo cuore, Dio costruì la sua casa: piccola ma bellissima. E Dio andò ad abitare nel cuore dell'uomo e ci entrò tutto là dentro, perché il cuore dell'uomo è fatto di infinito. Ma un giorno... l'uomo ebbe invidia di Dio. Voleva impossessarsi della casa di Dio, la voleva soltanto e tutta per sé, voleva per sé la felicità di Dio. E così Dio fu scacciato dal cuore dell'uomo. L'uomo allora cominciò a riempire il suo cuore, lo riempì di tutte le ricchezze della terra, ma era ancora vuoto. Lo riempì di successo, ma niente da fare:  il cuore rimaneva vuoto. L'uomo, triste, si procurò il cibo col sudore della fronte, ma era sempre affamato e restava con il cuore terribilmente vuoto. A Dio mancava l’uomo. Dio amava profondamente l’uomo. Allora, venendo a sapere che l’uomo aveva così tanta fame Dio ebbe un’idea: si travestì di pane e attese silenzioso. Quando l'uomo affamato lo mangiò, Dio ritornò nella sua casa... nel cuore dell'uomo. E il cuore dell'uomo fu riempito di amore, perché l’uomo per vivere ha bisogno di amore, ha bisogno di Dio!

 

 

TERZA SETTIMANA- CANDELA DEI PASTORI

I pastori furono i primi che videro ed adorarono il Messia.

 

C'era una volta un vecchio pastore, che amava la notte e conosceva bene il percorso degli astri. Appoggiato al suo bastone, con lo sguardo rivolto verso le stelle, il pastore stava immobile sul campo.
"Egli verrà!" disse.
"Quando verrà?" chiese il suo nipotino.
"Presto!".
Gli altri pastori risero.
"Presto!", lo schernirono. "Lo dici da tanti anni!".

Il vecchio non si curò del loro scherno. Soltanto il dubbio che vide sorgere negli occhi del nipote lo rattristò. Quando fosse morto, chi altri avrebbe riferito la predizione del profeta? Se lui fosse venuto presto! Il suo cuore era pieno di attesa.

"Porterà una corona d'oro?". La domanda del nipote interruppe i suoi pensieri. "Sì!".
"E una spada d'argento?". "Sì!".
"E un mantello purpureo?". "Sì! Sì!".

Il nipotino era contento. Il ragazzo era seduto su un masso e suonava il suo flauto. Il vecchio stava ad ascoltare. Il ragazzo suonava sempre meglio, la sua musica era sempre più pura. Si esercitava al mattino e alla sera, giorno dopo giorno. Voleva essere pronto per quando fosse venuto il re. Nessuno sapeva suonare come lui.

"Suoneresti anche per un re senza corona, senza spada e senza mantello purpureo?", chiese il vecchio.
"No!", disse il nipote.

Un re senza corona, senza spada e senza mantello purpureo, come avrebbe potuto ricompensarlo per la sua musica? Non certo con oro e argento! Un re con corona, con spada e mantello purpureo l'avrebbe fatto ricco e gli altri sarebbero rimasti a bocca aperta, l'avrebbero invidiato.

Il vecchio pastore era triste. Ahimé, perché aveva promesso al nipote ciò a cui egli stesso non credeva? Come sarebbe venuto? Su nuvole dal cielo? Dall'eternità? Sarebbe stato un bambino? Povero o ricco? Di certo senza corona, senza spada e senza mantello purpureo, e tuttavia sarebbe stato più potente di tutti gli altri re. Come poteva farlo capire al suo nipotino?

Una notte in cielo comparvero i segni che il nonno così a lungo aveva cercato con gli occhi. Le stelle splendevano più chiare del solito. Sopra la città di Betlemme c'era una grande stella. E poi apparvero gli angeli e dissero: "Non abbiate paura! Oggi è nato il vostro Salvatore!".

Il ragazzo corse avanti, verso la luce. Sotto il mantello sentiva il flauto sul suo petto. Corse più in fretta che poteva. Arrivò per primo e guardò fisso il bambino, che stava in una greppia ed era avvolto in fasce. Un uomo e una donna lo contemplavano lieti. Gli altri pastori, che l'avevano raggiunto, si misero in ginocchio davanti al bambino. Il nonno lo adorava. Era dunque questo il re che gli aveva promesso?
No, doveva esserci un errore. Non avrebbe mai suonato qui.

Si voltò deluso, pieno di dispetto. Si allontanò nella notte. Non vide né l'immensità del cielo, né gli angeli che fluttuavano sopra la stalla.

Ma poi sentì piangere il bambino. Non voleva sentirlo. Si tappò le orecchie e corse via. Ma quel pianto lo perseguitava, gli toccava il cuore e infine lo costrinse a tornare verso la greppia.
Eccolo là, per la seconda volta.

Vide che Maria, Giuseppe e anche i pastori erano spaventati e cercavano di consolare il bambino piangente. Ma tutto era inutile. Che cosa poteva avere il bimbo?

Non c'era altro da fare. Tirò fuori il suo flauto da sotto il mantello e si mise a suonare. Il bambino si quietò subito. Si spense anche l'ultimo, piccolo singhiozzo che aveva in gola. Guardò il ragazzo e gli sorrise.

Allora egli si rallegrò, e sentì che quel sorriso lo arricchiva più di tutto l'oro e l'argento del mondo.

 

 

 

QUARTA SETTIMANA- CANDELA DEGLI ANGELI

Gli angeli i primi ad annunciare al mondo la nascita del Messia.

 

Ancora un poco e sarà già tempo di disfare il nostro presepe e di buttare via l'albero di Natale che abbiamo messo su all'inizio dell'avvento.

Solo qualche patacca qua le là o qualche luccichio d'argento ci ricorderanno i giorni di festa trascorsi.

Ogni angioletto, ogni luce dorata so che li ritroverò intatti al prossimo Natale.

C'è una cosa che però rimarrà con me e non metterò nello scatolone...

Quando l'anno scorso misi via il presepe e i cinque angioletti, tenni l'ultimo tra le mie mani...

"Tu resti", gli dissi, "ho bisogno di un po' della gioia di Natale per tutto questo nuovo anno".

"Hai avuto fortuna!" mi rispose.

"Come?" gli chiesi.

"Ehm, io sono l'unico angelo che può parlare...".

"È vero! Ma guarda un po'! Un angelo che parla? Non l'ho mai visto. Non può esistere!".

"Certo che può esistere. Succede soltanto quando qualcuno, dopo che il Natale è passato, vuole tenere con sé un angioletto, non per errore, ma perché desidera rivivere un po' della gioia di Natale, come succede adesso con te. Solo in questi casi noi angeli possiamo parlare. Ma capita abbastanza raramente... A proposito, mi chiamo Enrico".

Da allora Enrico è sulla libreria nella mia stanza.

Nelle sue mani regge stranamente un cestino della spazzatura. Abitualmente sta in silenzio, fermo al suo posto. Ma quando mi arrabbio per qualcosa, mi porge il suo cestino e mi dice: "Getta qua!".

Io getto dentro la mia rabbia. E la rabbia non c'è più. Qualche volta è un piccolo nervosismo, o un stress, altre volte è una preoccupazione, a volte un bisogno, altre volte un dolore o una ferita che io da solo non posso chiudere, né riparare...

Un giorno notai con più attenzione, che il cestino di Enrico era sempre vuoto.

Gli chiesi: "Scusa ma dove porti tutto quello che ci getto dentro?".

"Nel presepe", mi risponde.

"E c'è così tanto posto nel piccolo presepe?".

Enrico, sorrise.

"Stai attento: nel presepe c'è un bambino, che è ancora più piccolo dello stesso presepe. E il suo cuore è ancora più piccolo. Le tue difficoltà, non le metto proprio nel presepe, ma nel cuore del bambino. Capisci adesso?".

Stetti un po' a pensare.

"Questo che mi dici è veramente complicato da comprendere. Ma, nonostante ciò, sento che mi fa felice. Strano, vero?".

Enrico, aggrottò la fronte e poi aggiunse: "Non è per niente strano, ma è la gioia del Natale. Capisci?".

Avrei voluto chiedere ad Enrico molte cose. Ma lui mise il suo dito sulla sua bocca: "Pssst", mi fece in tono garbato. "Non parlare. Semplicemente, gioisci!".

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